Utilizzo del marchio di un consorzio di tutela nei prodotti alimentari
Un Consorzio di tutela della produzione vinicola a marchio DOC, che assisto ormai da anni, ha posto un quesito interessante, i cui esiti (in sintesi) ritengo utile condividere con chi si trovasse nella stessa situazione.
Il problema posto riguarda la possibilità di utilizzo della denominazione “DOC XXX” (per motivi deontologici e di privacy non inserirò il nome reale del consorzio) sulla produzione di pasta al vino rosso di una azienda. In altre parole, può una azienda che produce generi alimentari come pasta, pane, dolci, etc, utilizzando il prodotto tutelato, inserire in etichetta la dizione “prodotto DOC XXX”??
Si può scrivere, tanto per esemplificare, “pasta prodotta con Vino Orcia DOC” oppure “sugo con Grana Padano DOP” od ancora “caramelle al Brunello DOC” …? (utilizzo marchio DOC nei prodotti alimentari)
Per rispondere al quesito occorre fare riferimento sia alla normativa europea che nazionale; cercherò pertanto di descrivere gli aspetti generali, rilevando fin d’ora che taluni di essi saranno solo “tratteggiati”, soprattutto in questa breve sintesi.
La nostra analisi non può che iniziare dalla Legge 238/2016 intitolata “Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino” la quale prevede testualmente all’art.44 che:
Utilizzo delle denominazioni geografiche, delle menzioni tradizionali e delle altre indicazioni riservate ai prodotti vitivinicoli DOP e IGP
1. Dalla data di iscrizione nel registro delle DOP e IGP della Commissione europea, le DO e le IG, le menzioni tradizionali, le unità geografiche più grandi, le sottozone e le unità geografiche più piccole e le altre indicazioni riservate alle rispettive DOP e IGP non possono essere usate se non in conformità a quanto stabilito nei relativi disciplinari di produzione, nella specifica normativa dell’Unione europea e nella presente legge.
… … …
9. È consentito l’utilizzo del riferimento a una DOP o IGP nell’etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità di prodotti composti, elaborati o trasformati a partire dal relativo vino a DOP o IGP, purché gli utilizzatori del prodotto composto, elaborato o trasformato siano stati autorizzati dal Consorzio di tutela della relativa DOP o IGP riconosciuto ai sensi dell’articolo 41, comma 4. In mancanza del riconoscimento del Consorzio di tutela, la predetta autorizzazione deve essere richiesta al Ministero.
10. Non è necessaria l’autorizzazione di cui al comma 9 nei seguenti casi:
a) qualora i prodotti derivati in questione non siano preimballati e siano preparati in laboratori annessi ad esercizi di somministrazione e vendita diretta al consumatore finale;
b) qualora il riferimento ad una DOP o ad una IGP sia riportato:
1) nell’etichettatura e presentazione delle bevande spiritose che ne abbiano diritto ai sensi del regolamento (CE) n. 110/2008 e degli aceti di vino in conformità all’articolo 56 della presente legge;
2) esclusivamente fra gli ingredienti del prodotto confezionato che lo contiene o in cui è elaborato o trasformato, purché tutti gli ingredienti figurino in caratteri delle stesse dimensioni, tonalità e intensità colorimetrica, nonché su sfondo uniforme.
In sintesi, secondo la normativa nazionale vigente applicata al nostro caso: (utilizzo marchio DOC nei prodotti alimentari)
1) L’azienda potrà produrre pasta fregiandosi della denominazione “XXX DOP” solo se il consorzio darà il proprio assenso.
2) L’uso della dizione “DOC XXX” sarà sempre possibile senza autorizzazione del Consorzio per prodotti confezionati, se essa risulti inserita esclusivamente fra gli ingredienti del prodotto che lo contiene o in cui è elaborato o trasformato (purché tutti gli ingredienti figurino in caratteri delle stesse dimensioni, tonalità e intensità colorimetrica, nonché su sfondo uniforme).
3) L’uso della dizione “DOC XXX” sarà possibile senza autorizzazione anche nel caso di prodotti NON confezionati, preparati in laboratori annessi ad esercizi di somministrazione e vendita diretta al consumatore finale (come potrebbe essere un ristorante); non è infine necessaria autorizzazione nel caso di etichette di bevande spiritose che ne abbiano diritto.
A fronte di tale quadro normativo “insolitamente” chiaro per il nostro Legislatore, è intervenuta la sentenza “Champagner Sorbet” del 20/12/2017 della Corte di Giustizia Europea nella causa C-396/201 che ha trattato il tema in modo approfondito e particolarmente interessante, fissando alcuni principi della materia, che si citano testualmente:
“ …si deve ritenere che l’utilizzo di una DOP come parte della denominazione con la quale è posto in vendita un prodotto alimentare non conforme al disciplinare di produzione relativo a tale DOP, ma contenente un ingrediente conforme al medesimo, sia volto a sfruttare indebitamente la notorietà di tale DOP, qualora tale ingrediente non conferisca al suddetto prodotto una caratteristica essenziale. (utilizzo marchio DOC nei prodotti alimentari)
51 Quanto al dover decidere se l’ingrediente in questione conferisca al prodotto alimentare in esame una caratteristica essenziale, la quantità di tale ingrediente nella composizione del suddetto alimento costituisce un criterio importante, ma non sufficiente. La sua valutazione dipende dai prodotti interessati e deve essere accompagnata da una valutazione qualitativa. A tal proposito, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 76 e 77 delle sue conclusioni, non si tratta di riscontrare in tale prodotto alimentare le caratteristiche essenziali dell’ingrediente che beneficia della DOP, bensì di verificare se tale alimento abbia una caratteristica essenziale connessa a tale ingrediente. Tale caratteristica è costituita spesso dall’aroma e dal gusto che l’ingrediente apporta.
52 Quando la denominazione del prodotto alimentare indica, come nel caso in esame, che quest’ultimo contiene un ingrediente che beneficia di una DOP, che si presume indichi il gusto di tale alimento, il gusto conferito da tale ingrediente deve costituire la caratteristica essenziale dell’alimento suddetto. Se il gusto del prodotto alimentare è determinato in maggior misura dagli altri ingredienti in esso contenuti, l’utilizzo di un tale denominazione trae indebito vantaggio della notorietà della DOP in questione.”
La sentenza della Corte Europea, nel dettare principi importanti ed innovativi, ha lasciato ampi margini di incertezza dovuti all’assenza di criteri tecnici per le valutazioni, ed oltretutto non fa cenno alcuno alla necessità di autorizzazione del Consorzio di tutela, stabilendo indirettamente che -a certe condizioni- si possa utilizzare il marchio DOP. (utilizzo marchio DOC nei prodotti alimentari)
Considerato che le sentenze della Corte di Giustizia Europea come quella appena citata, hanno efficacia vincolante, diretta e prevalente sull’ordinamento nazionale (così come confermato dalla Corte Costituzionale con sentenze nn. 168/1981 e 170/1984), questa maggior “libertà” nell’uso del marchio DOP potrebbe intendersi immediatamente introdotta anche nel nostro ordinamento.
Questo è il pensiero del il Tribunale di Ancona (Sez. II, Sent., 21/07/2022, n. 921) ad avviso del quale “la sentenza della Corte UE viene ad allargare le maglie dell’utilizzo in etichetta delle denominazioni di origine, qualora l’ingrediente in questione conferisca al prodotto alimentare in esame una caratteristica essenziale, anche senza la preventiva autorizzazione dal consorzio di Tutela di detta DOP, come invece dispone la L. n. 238 del 2016.”
Va sottolineato che la sentenza del Tribunale di Ancona sopra citata è l’unica rinvenuta sul tema, quindi non può considerarsi un “orientamento consolidato”.
Al contrario, da una ricerca effettuata tale principio parrebbe non seguito dai consorzi (e non condiviso neppure dal ministero), che continuano a richiedere l’autorizzazione per l’uso del marchio DOP sulle confezioni di prodotti alimentari, come previsto dalla norme italiane.
Rilevo altresì che l’art.1 lett.C del D.Lgs 297/04, prevede a tutt’oggi una sanzione pecuniaria da €_2.500/00 ad €_16.000/00 per le aziende che dovessero utilizzare nei loro prodotti il riferimento ad una o più denominazioni protette, senza l’autorizzazione del relativo Consorzio.
In sostanza, la sentenza della Corte Europea sopra citata, pur stabilendo principi importanti che hanno contribuito allo sviluppo della materia, ha reso la disciplina più frammentaria e foriera di interpretazioni.
Pur non essendo possibile, fino a nuovo pronunciamento, sciogliere in modo certo e definitivo il dubbio relativo alla necessità di autorizzazione da parte del Consorzio, si può evidenziare che la normativa italiana è chiara ed in assenza di modifiche (o pronunce più specifiche rispetto a quella del Trib. di Ancona), la maggioranza degli utilizzatori rinvenuti (compreso il Ministero per quanto di propria competenza) sta continuando ad applicarla esigendo l’autorizzazione per l’uso del marchio DOP in etichetta.
@ @ @
Ciò posto, senza volermi addentrare in temi di competenza del Consorzio (quali le opportunità che potrebbero derivare dalla gestione ed uso della DOP per prodotti alimentari), mi limiterò prospettare alcuni passi necessari per la gestione di queste richieste, soprattutto se accolte.
1) Il Consorzio dovrebbe anzitutto dotarsi di un regolamento per l’uso del marchio per i prodotti alimentari; esso dovrà essere in linea con i criteri espressi dalla normativa europea, con regole oggettive, proporzionate e non discriminatorie.
2) Per individuare tali regole, si potrà fare riferimento ai criteri già previsti dal MASAF per le autorizzazioni rilasciate dallo stesso (nel caso di assenza dei consorzi).
3) Il Regolamento dovrà prevedere non solo le condizioni di accesso all’uso del marchio, ma anche quelle per il mantenimento e le verifiche.
4) Il Consorzio dovrà attivare un proprio registro nel quale iscrivere le autorizzazioni all’uso della DOP, ed attivare un percorso di verifiche. Si potrà valutare la richiesta di rimborso alle aziende per le spese occorrenti a tali verifiche.
5) Sarebbe opportuna la stipula di una convenzione con le imprese autorizzate, per circoscrivere al meglio l’ambito di utilizzo del marchio.
6) Il Consorzio dovrà dotarsi degli organi valutativi necessari a far rispettare il regolamento (anche organi interni), nonché della modulistica occorrente per la presentazione delle domande da parte delle aziende interessate.
Alcuni articoli in tema di diritto agrario pubblicati su questo sito
Strade vicinali e prelazione agraria
Prelazione e riscatto: momento di valutazione delle condizioni legittimanti.
La strada vicinale interrompe la prelazione
Prelazione Agraria estesa allo IAP (Imprenditore agricolo professionale)
Prelazione agraria su terreno a destinazione edificatoria: insussistenza
Prelazione agraria nel giudizio di divisione
Prelazione agraria fondi confinanti
Prelazione agraria del confinante e corsi d’acqua, fiumi, torrenti, canali.
La prelazione agraria ed il contratto “per persona da nominare”
Per ulteriori articoli, si veda la pagina “articoli di diritto agrario”