Nuove norme contro i ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali.
Si ricorda che con il D.Lgs. 192/2012, che ha recepito la Direttiva 2011/7/UE, sono state apportate modifiche al D.Lgs. n. 231/2002 riguardo la “lotta contro i ritardi di pagamenti nelle transazioni commerciali”. Le nuove regole si applicano alle transazioni concluse a partire dal 1° gennaio 2013, ed interessano i pagamenti dovuti a seguito di contratti stipulati sia tra imprese, che tra imprese e Pubblica Amministrazione, che hanno ad oggetto la consegna di merci o la prestazioni di servizi contro il pagamento di un prezzo.
Queste disposizioni non riguardano la cessione di prodotti agroalimentari per i quali vige la specifica normativa prevista dall’art.62 del DL 1/2012, ma sono egualmente di interesse per il nostro settore poiché queste sono le regole da applicare, ad esempio, nel caso di acquisto (ma anche cessione) di un trattore, di ricambi, di macchinari da parte di agricoltori ad altri imprenditori piuttosto che per il pagamento delle fatture per energia elettrica, gas, etc..
Le nuove disposizioni, certamente più favorevoli nell’assicurare una tutela al creditore, definiscono quali sono i termini massimi di pagamento, scaduti i quali scattano gli interessi moratori.
In linea generale, sia che il contratto intercorra tra due imprese, che tra imprese e P.A., il termine è fissato in 30 giorni e decorre:
dalla data di ricevimento della fattura da parte del debitore, ovvero di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente;
dalla data di ricevimento delle merci o dalla data di prestazione dei servizi, quando non è certa la data di ricevimento della fattura;
dalla data di ricevimento delle merci o dalla prestazione dei servizi, quando la data in cui il debitore riceve la fattura è anteriore a quella del ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi;
dalla data dell’accettazione o della verifica eventualmente previste dalla legge o dal contratto per accertare la conformità della merce o dei servizi alle previsioni contrattuali, qualora il debitore riceva la fattura in epoca non successiva a tale data.
Il legislatore, tuttavia, introduce possibili deroghe ai termini indicati, e cioè:
la possibilità, nelle transazioni tra imprese, di concordare un termine di pagamento superiore a 30 giorni. Qualora tale termine sia superiore a 60 giorni deve essere espressamente previsto nel contratto, e non deve essere gravemente iniquo per il creditore;
nei rapporti con la P.A. si può pattuire un termine di pagamento maggiore di 30 giorni (ma non superiore ai 60) e la scelta deve essere giustificata dalla natura o dall’oggetto del contratto. Il termine ordinario di 30 giorni diviene automaticamente di 60 quando la P.A. è un’impresa pubblica tenuta al rispetto dei requisiti di trasparenza di cui al d.lgs n. 333/2003, oppure quando è una impresa pubblica che eroga servizi di assistenza sanitaria (ex.ASL).
E’ concessa facoltà alle parti di stabilire termini di pagamento rateali: in tal caso, se il debitore non rispetta il piano, gli interessi moratori si applicano solo alle rate non pagate, ovvero scadute, a decorrere dal giorno successivo la scadenza del termine di pagamento.
Il tasso di riferimento per calcolarli viene determinato semestralmente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze applicando una maggiorazione fissa dell’8% (e non più il 7% come prima) al saggio rilevato, che per il primo semestre 2013 è pari allo 0,75%. Il saggio moratorio applicabile nel primo semestre 2013, conseguentemente, è pari a 8,75% (ovvero 8% fisso+0,75%).
Si sottolinea che nelle transazioni commerciali tra imprese (ma non tra imprese e Pubblica Amministrazione) è consentito alle parti di concordare un tasso di interesse diverso, purché non iniquo per il creditore. Si rileva criticamente come il legislatore abbia lasciato ampia aleatorietà alla disciplina permettendo di disattendere il saggio di interesse stabilito per legge, sostituendolo semplicemente con altro che dovrà avere la caratteristica di essere “non iniquo”, cosa questa che tecnicamente non ha un riscontro oggettivo e porterà come ogni elemento di indeterminatezza a problemi applicativi.
Nel decreto è, inoltre, disposto che in caso di ritardo nel pagamento delle somme dovute, il creditore ha diritto anche al “rimborso dei costi sostenuti per il recupero delle somme non tempestivamente corrisposte”. Le clausole che escludono l’applicazione degli interessi moratori, o escludono i costi di recupero del credito sono nulle quando risultano gravemente inique in danno del creditore.