Tutela delle micro-imprese: nessuna differenza rispetto ai consumatori
Il codice del consumo e la tutela delle micro imprese
Forse non molti sanno che il Codice del Consumo, ovvero il Decreto legislativo, 06/09/2005 n° 206, che disciplina la tutela dei consumatori, si applica -in parte- anche ai soggetti professionali ovvero alle micro-imprese.
Cosa è una microimpresa?
L’art. 18 lettera d-bis) definisce le microimprese come “entità, società o associazioni che, a prescindere dalla forma giuridica, esercitano un’attività economica, anche a titolo individuale o familiare, occupando meno di dieci persone e realizzando un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a due milioni di euro, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, dell’allegato alla raccomandazione n. 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003;”
Come si può notare, il codice non prevede alcun limite circa l’impiego dei beni strumentali da parte di tali soggetti, con la conseguenza che nella definizione non rientrano le sole “botteghe artigiane”, ma anche aziende di maggiori dimensioni, purchè con un fatturato ed un numero di dipendenti che rientrino nei limiti anzidetti.
Le pratiche commerciali tra professionisti e consumatori
L’art. 18 lett.D del CdC definisce “pratiche commerciali tra professionisti e consumatori” (o più semplicemente “pratiche commerciali”), “qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori”.
La disciplina contenuta nel Codice del Consumo
Fata chiarezza sulle definizioni, è giusto il caso di introdurre alcuni concetti che potranno tornare utili a piccoli imprenditori ed artigiani ricordando come inizialmente le tutele del codice del consumo fossero riservate, come facile intuire, ai soli soggetti “consumatori” intendendosi per essi “qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto del presente titolo, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale” (Art.18 CdC)
Oggi, grazie alla novella introdotta dall’art.7 del D.L. n. 1/2012, le tutele in materia di pratiche commerciali scorrette, e di pubblicità comparativa od ingannevole previste dal Codice del consumo, sono state estese anche alle le micro-imprese.
Dispone infatti l’art. 19 del codice, (ambito di applicazione) del Codice del Consumo: “il presente titolo si applica alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori poste in essere prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa a un prodotto, nonché alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e micro-imprese. Per le microimprese la tutela in materia di pubblicità ingannevole e di pubblicità comparativa illecita è assicurata in via esclusiva dal decreto legislativo 2 agosto 2007, n.145. … …“.
Le pratiche commerciali scorrette e la tutela affidata all’AGCM
Per valutare se un comportamento commerciale sia corretto o meno, il parametro base è individuato nella “diligenza professionale”, concetto di natura dinamica, da valutare singolarmente in relazione al caso concreto.
Secondo quanto disposto dall’art. 27 del Codice del Consumo, inoltre, è compito dell’AGCM (Autorità Garante del Commercio e del Mercato) controllare e vigilare sulle pratiche commerciali che, ad avviso di taluno, siano scorrette e quindi non rispettose della concorrenza e delle regole previste dal Cdc.
Conseguenza di tutto quanto sopra, è che una micro-impresa che si ritenga vittima di pratiche commerciali scorrette, può effettuare una segnalazione direttamente all’AGCM, godendo delle stesse tutele dei consumatori, ed evitando così di sostenere i costi di una causa.
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