La Mezzadria
Codice Civile – Art. 2141
Nozione : ” Nella mezzadria il concedente ed il mezzadro, in proprio e quale capo di una famiglia colonica, si associano per la coltivazione di un podere e per l’esercizio delle attività connesse al fine di dividerne a metà i prodotti e gli utili. E’ valido tuttavia il patto con il quale taluni prodotti si dividono in proporzioni diverse.”
La mezzadria è un contratto agrario d’associazione mediante il quale due soggetti, tipicamente un proprietario di terreni (chiamato concedente) ed un coltivatore (mezzadro), si dividono i prodotti e gli utili di un’azienda agricola (podere). La direzione dell’azienda spetta al concedente, che è e resta sempre unico proprietario della stessa.
Nel contratto di mezzadria, il mezzadro rappresenta anche la sua famiglia (famiglia colonica) a differenza della colonia parziaria, dove il coltivatore (qui chiamato colono) contrae obblighi solo per sé stesso.
Nel diritto italiano, la mezzadria è regolata dagli articoli 2141 e successivi del Codice Civile i quali prevedono regole piuttosto rigide riguardo alla divisione degli utili, partecipazione alle spese, miglioramenti e manutenzione, regole queste che possono essere derogate solo dagli usi locali o dalla convenzione, ovvero il contratto col quale si è dato inizio al rapporto di mezzadria.
E’ opportuno ricordare, che in base all’art.3 della legge n. 756 del 1964, a far data dal 23 settembre 1974 è stata vietata la stipula di nuovi contratti di mezzadria, mentre è ammessa la prosecuzione di quelli in corso, cosa altresì prevista anche dalla legge n. 203 del 1982 che, pur prevedendo la conversione in contratti di affitto a coltivatore diretto, permette comunque la prosecuzione dei rapporti già esistenti.
Dato che non è più possibile stipulare nuovi contratti di mezzadria, l’aspetto che si vuole analizzare in questa breve disamina è il termine degli stessi, ovvero cosa occorre fare per porre fine ad un contratto che si sia regolarmente protratto fino ai giorni nostri.
Per espressa previsione degli artt.2143 e 2144 del C.C. la mezzadria a tempo indeterminato si intende convenuta per la durata di un anno agrario e tacitamente rinnovata di anno in anno, se non viene comunicata disdetta almeno sei mesi prima della scadenza, nei modi fissati dalla convenzione o dagli usi. Per quanto attiene invece alla mezzadria a tempo determinato, ovvero quel contratto nel quale sia stato previsto un termine, essa non cessa di diritto alla scadenza ma si rinnova di anno in anno a meno che non venga data disdetta con almeno sei mesi di anticipo.
Posto che la disdetta sia stata comunicata regolarmente, al termine della mezzadria le parti dovranno procedere alla divisione delle scorte così come previsto dall’art.2163 C.C., integrato dalla L. n.500 del 1956 ovvero:
• se si tratta di scorte vive conferite da entrambe le parti , esse dovranno essere divise secondo la specie, il sesso, il numero, la qualità e il peso, ovvero, in mancanza di tali determinazioni, secondo il valore, tenuto conto della differenza di esso tra il tempo del conferimento e quello della riconsegna;
• se si tratta di scorte vive conferite dal solo concedente e consegnate al mezzadro a stima in base ai prezzi di mercato, in caso di scioglimento del contratto il mezzadro avrà diritto a percepire dal concedente la metà della differenza tra il valore delle scorte al momento della consegna, calcolato in base ai prezzi allora correnti, ed il valore delle stesse calcolato in base ai prezzi correnti all’atto della riconsegna;
• se si tratta di scorte morte circolanti (art.1640 C.C.), la divisione avverrà per quantità e qualità, valutando le eccedenze e le diminuzioni in base ai prezzi di mercato nel tempo della riconsegna;
• se si tratta di scorte morte fisse (es. macchinari, utensili, .), per specie, quantità, qualità e stato d’uso.
La ratio della norma è quella di riconoscere al mezzadro una parte dell’incremento di valore della azienda; tanto per esemplificare, se all’inizio del rapporto il proprietario aveva conferito 10 bovini, ed al termine ne trova 100, è chiaro che l’aumento del numero dei capi bestiame è dovuto all’opera diligente del mezzadro che per ciò stesso avrà diritto ad una parte di tale incremento.
E’ altresì opportuno ricordare che, secondo il disposto dell’art.43 della L.203/1982, in tutti i casi di risoluzione incolpevole del contratto, al mezzadro spetta un equo indennizzo il cui ammontare, in mancanza di accordo fra le parti, deve essere stabilito dal giudice. Viceversa, qualora il contratto sia giunto alla sua naturale scadenza, oppure se è il mezzadro stesso a recedere, non dovrà essere corrisposto dal concedente alcun indennizzo.
Da ultimo, è opportuno prendere in considerazione la differenza tra miglioramenti e riparazioni di piccola manutenzione: mentre i primi devono essere concordati con il proprietario e dallo stesso pagati al mezzadro, le riparazioni di piccola manutenzione alla casa colonica ed agli strumenti di lavoro sono interamente a carico del mezzadro (salvo diverse disposizioni delle convenzioni o degli usi).
In altre parole il mezzadro ha diritto di ricevere una parte dell’incremento di valore della azienda dato dall’aumento delle scorte o dai miglioramenti apportati, ma non una “buonauscita” dal fondo.