La tariffa di igiene ambientale ha natura transitoria. L’IVA applicata alla tassa sui rifiuti (T.A.R.S.U. o T.I.A.) non va pagata

La tariffa di igiene ambientale (Tia), disciplinata dall’art. 49 del D.Lgs. n. 22 del 1997 presenta tutte le caratteristiche del tributo, in quanto si caratterizza per la doverosità della prestazione, per la mancanza di rapporto sinallagmatico tra parti e per il collegamento della prestazione alla pubblica spesa in relazione ad un presupposto economicamente rilevante; pertanto, la Tia non è inquadrabile tra le entrate non tributarie, ma costituisce una mera variante della Tarsu disciplinata dal D.Lgs. n. 507 del 1993 (ess.mm.), conservando la qualifica di tributo propria di quest’ultima. Le controversie aventi ad oggetto la debenza della Tia, dunque, avendo natura tributaria appartengono alla cognizione delle commissioni tributarie.

Corte Cost., 24-07-2009, n. 238

La Corte Costituzionale, è recentemente intervenuta sul dibattito aperto dalla Cassazione in merito alla natura della T.I.A., ed in particolare al fatto se essa debba essere considerata quale corrispettivo per un servizio reso al cittadino, piuttosto che un tributo come era la vecchia TARSU (ovvero la Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani).

La questione vedeva due contrapposti orientamenti: da una parte v’erano numerose sentenze emesse nel corso degli anni, con le quali la Cassazione aveva equiparato a più riprese la T.I.A. ad un “servizio” reso al cittadino (Cass. civ. Sez. Unite Ord., 15-06-2009, n. 13894, Cass. civ. Sez. Unite, 08-03-2006, n. 4895, Cass. civ. Sez. Unite (Ord.), 15-02-2006, n. 3274, Cass. civ. Sez. Unite (Ord.), 07-05-2003, n. 6954, Cass. civ. Sez. Unite, 01-03-2002, n. 3030), le cui liti si dovevano considerare devolute al giudice ordinario (Tribunale o Giudice di Pace), ed il cui corrispettivo sarebbe stato assoggettato ad IVA.

Dall’altra v’era un altro orientamento, rappresentato in particolare da tre sentenze della Cassazione emesse nel corso del 2009 (Cass. civ. Sez. I, 05-03-2009, n. 5297, Cass. civ. Sez. I, 05-03-2009, n. 5298, Cass. civ. Sez. I, 05-03-2009, n. 5299), secondo il quale la T.I.A. avrebbe avuto natura tributaria dato che essa non costituiva in senso tecnico “il corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta e rappresentando invece una forma di finanziamento di servizio pubblico attraverso la imposizione dei relativi costi sull’area sociale, che da tali costi ricava, nel suo insieme, un beneficio.”

Senza voler qui ripercorrere tutte le evoluzioni della questione, è giusto il caso di sottolineare che la Corte Costituzionale è intervenuta sul punto risolvendo in favore della natura tributaria il contrasto giurisprudenziale apertosi. Da questa decisione discendono conseguenze di assoluto rilievo:

competenza giurisdizionale delle commissioni tributarie “Le controversie aventi ad oggetto la debenza della Tia, dunque, hanno natura tributaria e la loro attribuzione alla cognizione delle commissioni tributarie, ad opera della disposizione denunciata, rispetta l’evocato parametro costituzionale”;

inapplicabilità dell’IVA: “un altro significativo elemento di analogia tra la TIA e la Tarsu è costituito dal fatto che ambedue i prelievi sono estranei all’àmbito di applicazione dell’IVA. Infatti, la rilevata inesistenza di un nesso diretto tra il servizio e l’entità del prelievo (quest’ultima commisurata, come si è visto, a mere presunzioni forfetarie di producibilità dei rifiuti interni e al costo complessivo dello smaltimento anche dei rifiuti esterni (porta ad escludere la sussistenza del rapporto sinallagmatico posto alla base dell’assoggettamento ad IVA ai sensi degli artt. 3 e 4 del D.P.R. n. 633 del 1972 e caratterizzato dal pagamento di un «corrispettivo» per la prestazione di servizi. Non esiste, del resto, una norma legislativa che espressamente assoggetti ad IVA le prestazioni del servizio di smaltimento dei rifiuti…

Si ritiene opportuno sottolineare che l’inapplicabilità dell’IVA opera a livello generale, ossia per qualsiasi importo dovuto a titolo di tassa sui rifiuti (sia essa T.A.R.S.U. O T.I.A.) e con effetto retroattivo, con possibilità quindi di chiedere la restituzione di quanto indebitamente pagato nel corso degli ultimi 10 anni. A tal fine occorrerà tuttavia considerare la situazione soggettiva del richiedente, ovvero verificare se lo stesso abbia avuto modo o meno di detrarre l’imposta nell’ambito della propria attività imprenditoriale.

(A.D. 2009)