Garanzia decennale per le ristrutturazioni edili
Il 4 Novembre 2015, la Suprema Corte ha emesso una sentenza di rinvio che ha
modificato profondamente il panorama relativo alla normativa sugli appalti e le relative garanzie disciplinate dalla legge. Di particolare interesse l’interpretazione data agli artt. 1667 e 1669 del Codice Civile che disciplinano, rispettivamente, la garanzia biennale e decennale dovuta dall’appaltatore per vizi dell’opera.
Fino a questo momento la garanzia decennale era ammessa solo nel caso di “nuova costruzione”, rientrando esclusivamente sotto la tutela biennale, contenuta nell’art. 1667 c.c., i casi in cui fossero state apportate riparazioni o ristrutturazioni, anche significative, di un immobile preesistente (v. Cass. civ. Sez. II, Sent., 20/11/2007, n. 24143; Cass. 22 maggio 2015, n. 10658). A tale orientamento si sono attenute, in un primo momento, le corti ordinarie (v. ad es. Trib. Bologna Sez. II, sent. 05/11/2008 – Vi.An. c. Cu.An. e altri: “La garanzia decennale di cui all’art. 1669 c.c. si applica esclusivamente alle ipotesi di nuova costruzione dell’operante e non anche nei casi di intervento o modificazione di bene immobile già esistente”).
Negli anni successivi, i tribunali ordinari, hanno lentamente, ma inesorabilmente mutato orientamento (Trib. Bologna Sez. II, sent. 21/02/2011 – Co.Vi.Ma.Bo. e altri c. Nu.Re. S.p.A: “La garanzia di cui all’art. 1669 c.c., relativa ai fenomeni di rovina o gravi difetti di cose immobili, trova applicazione anche nell’ipotesi in cui i lavori oggetto del relativo appalto siano stati solo parziali, opere, in altri termini, di risanamento e consolidamento di un edificio già esistente”). La Cassazione è intervenuta chiarendo, nella sentenza Cass. civ. Sez. II, 04/11/2015, n. 22553, il proprio orientamento.
“[…]La responsabilità ex articolo 1669 c.c., pertanto, ben può essere invocata con riguardo al compimento di opere (rectius di interventi di modificazione o riparazione) afferenti ad un preesistente edificio o ad altra preesistente cosa immobile destinata per sua natura a lunga durata, le quali, in ragione di vizi del suolo (su cui la nuova opera si radica) o di difetti della costruzione (dell’opera), rovinino, in tutto o in parte, o presentino evidente pericolo di rovina ovvero gravi difetti (anche essi riferiti all’opera innovativa, non già all’edificio pregresso). Con la conseguenza che anche gli autori di tali interventi di modificazione o riparazione (rectius gli esecutori delle opere integrative) possono rispondere ai sensi dell’articolo 1669 c.c. allorché le opere realizzate abbiano una incidenza sensibile o sugli elementi essenziali delle strutture dell’edificio ovvero su elementi secondari od accessori, tali da compromettere la funzionalità globale dell’immobile stesso (cfr. Cass. 4 gennaio 1993 n. 13; più di recente, segue la stessa linea interpretativa, Cass. 29 settembre 2009 n. 20853). […]”
La Suprema Corte afferma che l’attuale orientamento è compatibile con quello enunciato nella precedente sentenza del 20/11/2007, n. 24143 e che si tratta del suo naturale proseguimento.
“[…] Secondo l’orientamento dalla giurisprudenza di legittimità, assolutamente costante, la lettera della norma giustifica una diversa impostazione ermeneutica, e ciò perché non a caso il legislatore discrimina tra “edificio o altra cosa immobile destinata per sua natura a lunga durata”, da un lato, e “opera”, dall’altro. L’opera cui allude la norma non si identifica necessariamente con l’edificio o con la cosa immobile destinata a lunga durata, ma ben può estendersi a qualsiasi intervento, modificativo o riparativo, eseguito successivamente all’originaria costruzione dell’edificio, con la conseguenza che anche il termine “compimento”, ai fini della delimitazione temporale decennale della responsabilità, ha ad oggetto non già l’edificio in sè considerato, bensì l’opera, eventualmente realizzata successivamente alla costruzione dell’edificio. Quanto ai difetti della costruzione, inoltre, l’etimologia del termine “costruzione” non necessariamente deve essere ricondotta alla realizzazione iniziale del fabbricato, ma ben può riferirsi alle opere successive realizzate sull’edificio pregresso, che abbiano i requisiti dell’intervento costruttivo. […]”
In sostanza, con questa sua pronuncia, la Suprema Corte ha dichiarato di aver seguito un orientamento costante che, in un primo momento, male era stato interpretato. Questo spiegherebbe anche l’inversione di tendenza delle corti ordinarie che negli ultimi anni hanno continuato a decidere nel senso poi confermato dalla Cassazione con la sentenza 22553/2015.
In conclusione, la garanzia decennale opera anche nel caso di ristrutturazione/riparazione di immobili preesistenti, o parti significative di essi, destinate per loro natura a lunga durata e non soltanto in caso di vera e propria costruzione dell’immobile. Questo orientamento, stando alle parole della Corte, è sempre stato “assolutamente costante”.
(Garanzia Decennale per le Ristrutturazioni Edili)