Esercizio del diritto di prelazione e patto di riservato dominio
n materia di prelazione già altre volte si è scritto su questo notiziario. La situazione che si vuol prendere in esame adesso tuttavia, è differente in quanto si vuol evidenziare un caso relativamente frequente, ma non per questo poco importante, in cui il diritto di prelazione non può essere esercitato dal confinante coltivatore diretto di un fondo posto in vendita.
L’art. 7 della legge 817/1971 prevede che ” Il termine di quattro anni previsto dal primo comma dell’Articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, per l’esercizio del diritto di prelazione è ridotto a due anni. Detto diritto di prelazione, con le modifiche previste nella presente legge, spetta anche: 1) .(omissis).; 2) al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita, purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti ..”
Un punto di assoluta importanza, previsto espressamente dalla legge, riguarda il titolo che il coltivatore deve avere per poter esercitare il diritto di prelazione sancito dal secondo comma dell’art.7: egli deve essere proprietario del fondo.
La cosa potrebbe forse sembrare ovvia, ma non lo è se si considerano i terreni acquistati con l’intervento della “Cassa per la formazione della piccola proprietà contadina” per i quali è previsto un regime assolutamente particolare.
L’aiuto della Cassa consiste in un finanziamento a tassi estremamente vantaggiosi, ma comporta l’acquisto del terreno con patto di “riservato dominio” a favore della Cassa stessa, che rimane unica proprietaria del fondo fino al pagamento dell’ultima rata del finanziamento, come previsto dall’art.1523 del codice civile. Da ciò deriva che il coltivatore non potrà dirsi proprietario del fondo, e non potrà di conseguenza esercitare il diritto di prelazione sui fondi confinanti col proprio, fino a che non avrà “pagato l’ultima rata del prezzo”.
Su tale argomento è intervenuta nel 1998 anche la Suprema Corte di Cassazione (Cassazione civile sez. III, 3 febbraio 1998, n. 1090) la quale si è così espressa:
“Non puo’ essere accolta la domanda di prelazione del coltivatore diretto (art. 7 n. 2 l. 14 agosto 1971 n. 817) non ancora proprietario del terreno confinante non avendo ultimato il pagamento del prezzo dell’acquisto (art. 1523 c.c.), attuato attraverso la Cassa per la formazione della piccola proprieta’ contadina, perche’ tutti i requisiti, soggettivi e oggettivi, costitutivi del diritto di prelazione devono coesistere al momento del suo esercizio, comportando una limitazione del diritto di proprieta’ del terzo, costituzionalmente garantito (art. 42, comma 2, cost.), che non puo’ esser sacrificato oltre i casi previsti normativamente per il suo acquisto e per la sua funzione sociale, si’ che non puo’ interpretarsi la nozione di proprietario includendovi l’acquirente con patto di riservato dominio.”
(A.D. 2001)